Il menu è uno degli elementi distintivi di un ristorante. Non è solo la lista delle pietanze e delle bevande disponibili, ma è un modo per raccontare creatività, rispetto del territorio con l’uso di materie prime locali, estro, maestria, varietà.
Un menù può essere unico per tutto l’anno, ma si possono anche creare più varianti, sia per andare incontro alle esigenze della clientela, specie quella fidelizzata, che torna più volte e potrebbe apprezzare delle novità, sia per andare incontro alla ciclicità stagionale.
Nella ristorazione non ci sono regole valide per aver successo – ammesso che sia lecito parlare di regole in tal campo – perché ciò che distingue una cucina dall’altra, un ristorante dall’altro, è proprio la personalizzazione.
Oltre a selezionare i piatti da includere nel menu della tua attività, è possibile esaminare alcune strategie per renderlo più efficace e influenzare la decisione dei clienti. Una di queste strategie da cui prendere spunto è il “menu engineering” o “menu ingegnerizzato”, un metodo introdotto dagli Stati Uniti negli anni Ottanta e ideato da due docenti universitari.
In cosa consiste esattamente?
Cos’è menu engineering e perché funziona
Il concetto di menu engineering ha radici profonde nella psicologia e nel marketing, campi che spesso convergono nella comunicazione pubblicitaria e utilizzano strategie di persuasione specifiche. Questa metodologia è stata ideata da Michael L. Kasavana e Donald J. Smith, due accademici che l’hanno sviluppata attraverso un approccio analitico basato su principi di logica, marketing e psicologia. L’obiettivo principale del menu engineering è aumentare il margine di profitto di un ristorante attraverso l’ottimizzazione del menu.
Ma come funziona esattamente questa tecnica? In breve, ogni piatto del menu viene analizzato singolarmente, valutando due aspetti chiave: la sua redditività e la frequenza con cui viene ordinato dai clienti. Per calcolare la redditività, si sottraggono i costi di produzione dal prezzo di vendita del piatto, considerando anche i costi di preparazione e guarnizione (food cost). I piatti vengono quindi suddivisi in quattro categorie in base alla loro popolarità e redditività.
- Piatti popolari e redditizi
- Piatti poco popolari ma redditizi
- Piatti popolari ma poco redditizi
- Piatti poco popolari e poco redditizi
Il nostro consiglio è di usare i numeri reali e non lavorare solo con le percentuali perché queste ultime spesso possono trarre in inganno. A volte, anche se il costo del prodotto incide percentualmente di più, può essere ugualmente vantaggioso proporlo. Ad esempio il piatto n.1 ha un costo di realizzazione pari a 3 euro, un prezzo al pubblico di 15 euro, il suo food cost corrisponde al 20% mentre se il piatto n.2 ha un costo di materie di 7,5 euro, un prezzo di 25 euro, il food cost risulta del 30%. La marginalità dei due piatti è differente e c’è maggior guadagno a incentivare la scelta del piatto n.2 rispetto al n.1.
Qual è l’obiettivo del menu engineering
L’obbiettivo principale del menu engineering è bilanciare la soddisfazione dei clienti con la redditività del ristorante. Analizzando il menù e le categorie si possono apportare alcune modifiche come per esempio aumentare il prezzo di un piatto popolare ma poco redditizio o migliorare la presentazione di un altro con un alto margine di profitto pur se meno popolare. Altro esempio ancora, promuovere pietanze con l’uso di immagini accattivanti, descrizioni dettagliate e posizionamento strategico all’interno del menu.
Quando è realizzato correttamente, il menù engineering può aumentare i profitti e ridurre gli sprechi del ristorante e migliorare l’esperienza complessiva del cliente. Inoltre, si può comprendere quali piatti fidelizzino la clientela, quali risultino più apprezzati e di conseguenza come comporre i menu futuri.
Il menu stesso, la sua presentazione, la sua lunghezza e l’esposizione dei piatti influenzano le decisioni dei clienti attraverso quattro fattori principali.
- L’aspetto visivo
- La descrizione
- La disposizione delle offerte
- La lunghezza
L’uso razionale di elementi grafici come grassetti, corsivi, colori, font, rispettando lo stile del ristorante può essere utile ad evidenziare una proposta culinaria.
Vale anche in caso di menù digitale o affisso ad una parete del locale. Se si opta per il menù cartaceo questo dovrebbe essere non solo bello da vedere ma piacevole al tatto. Un plus è sottolineare se il materiale sia ecosostenibile. Scelta etica molto apprezzata dalla clientela.
Gli effetti cromatici non vanno trascurati. È bene attenersi alla palette del locale, del logo, degli arredi, etc. Anche se i colori non sortiscono l’effetto psicologico desiderato, (visto che si tratta di ipotesi e non di scienza esatta) servono almeno a rendere il menu in linea con il contesto, coordinato con il brand.
La descrizione, sintetica, emozionale, ricercata, dei piatti li rende appetibili e incuriosisce il lettore.
La disposizione, ovvero la posizione delle pietanze nell’elenco, ma anche dei prezzi, serve a rimarcare un prodotto al posto di un altro.
La clientela deve poter leggere con immediatezza e comprendere esattamente cosa offra il ristorante.
Se digitalizzato dovrebbero bastare pochi clic per accedere al dettaglio di un piatto. In tal situazione va tenuta considerazione la cosiddetta user experience dell’utente. Facile accessibilità e fruibilità all’app del menu.
In merito alla lunghezza, è preferibile non stilare menu molto lunghi, possono risultare dispersivi e confusionari, oltre al fatto che si rischia di allungare i tempi di ordinazione.
Anche se l’analisi del menu richiede uno sforzo iniziale, va considerata come un investimento che deve essere regolarmente aggiornato per adattarsi alle dinamiche del mercato alimentare in continua evoluzione, inclusi i cambiamenti nei prezzi delle materie prime e le preferenze dei clienti.